Mercoledì 16 Marzo 2011 17:13
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Nucleare: sgombriamo il campo da due equivoci

 

In questo momento di grande apprensione per quanto sta accadendo in Giappone, vorremo due cose dai nostri media e dai pappagalli che ne ripetono parola per parola qualsiasi teorema:

 

1) che la si smettesse di ripetere che "è assurdo avere paura delle centrali nucleari in Italia quando ce ne sono in Francia appena oltre il confine".

 

Ormai dovrebbe essere chiara a tutti la differenza tra stare a 20km e stare a 500km da una centrale a rischio di meltdown.  E' la stessa differenza che c'è tra stare ad Osaka, oggi l'ultimo rifugio sicuro del popolo giapponese, e dover abbandonare di corsa la propria casa e città, sapendo che probabilmente non ci si potrà tornare prima di qualche migliaio di anni e che - se si è fortunati - si passerà il resto della vita a chiedersi quando arriverà la leucemia ed a pregare che non avremmo, nei decenni a venire, figli o nipoti nati sotto il segno del nucleare. Questa - se si è fortunati - è la differenza tra un incidente nucleare vicino a casa o un incidente oltre le alpi.

 

2) che la si smettesse di associare continuamente quanto sta accadendo in Giappone a Chernobyl, perchè questo significa non avere minimamente compreso il rischio che si sta correndo, ne perché il responsabile dell'energia dell'unione europea abbia parlato di “apocalisse”. O pensate che abbia scelto a caso la parola?

 

E non è una questione tecnica da espertoni ne un problema di classificazione del livello di incidente o di qualsiasi altra misura scientifica, è un problema di buonsenso . La centrale di Chernobyl sorgeva in una regione al confine tra Ucraina e Bielorussia, dove ci sono (in alcuni casi c’erano) centri abitati, ma soprattutto distese di grandi foreste ed aree rurali. La centrale di Fukushima sorge a 200km da Tokyo, ovvero dal più grande centro abitato del mondo (definizione delle nazioni unite) che si addentra nella pianura del Kanto fino a formare una immensa distesa urbana che ingloba una quantità di città e villaggi limitrofi, comprendenti anche altre metropoli come Yokohama e Kawasaki formando una gigantesca megalopoli che conta oltre 35 milioni di abitanti. Il tutto è nell’area più densamente popolata del pianeta, nella quale vivono 103 milioni di persone e che oltre tutto è un’isola. Un’isola con black out elettrici e che ha avuto diverse strutture di trasporto, strade, porti, ferrovie ed aereoporti distrutti dallo tzunami. Cosa accadrebbe se il raggio di evacuazione si dovesse allargare? Questo non accadrà, come ovviamente ci auguriamo tutti, ma questo è il rischio che stiamo correndo ed è con questo rischio che dobbiamo fare i conti quando i mass media ci propinano le “analisi dei rischi/benefici”. Se io metto sulla bilancia un “rischio apocalisse” tu in cambio cosa mi dai? Un 5% di fabbisogno energetico?

 

Quindi iniziamo almeno a sgombrare il campo da questi due equivoci:

 

1) non si corrono gli stessi rischi ad avere le centrali in Francia o nel cortile di casa.

 

2) il rischio intrinseco dell’energia atomica, che si sta purtroppo palesando in Giappone, è qualcosa di mai visto prima nella storia dell’umanità.

Meetup Carrara

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